La tentazione di lasciar perdere tutto è sempre in agguato. Rinunciare ad educare equivale a perdere la propria libertà e la propria dignità, perché una persona anche nella miseria e nella fatica lancia un messaggio di riscatto interiore. E gli è dovuto. Educare sempre, allora, è nello stile della ferialità, della quotidianità. Accanto alle professioni riconosciute come educative (gli insegnanti e i docenti, gli educatori, i catechisti, ecc...) vi sono quelle innumerevoli figure semplici che sono educative per il messaggio e la testimonianza che offrono: pensiamo agli ammalati, ai nonni, agli anziani, ai disabili, ai detenuti. Sì anche questi ultimi perché essi chiedono di essere visti con occhi nuovi, non con il timbro di "uomo e donna sbagliati e condannati eternamente all'errore".
Educare al fianco, dunque, come scelta di compagnia, di mangiare al medesimo piatto e dissetarsi alla stessa fontana. Educare al fianco sapendo starci, senza pretendere di porsi davanti o mettersi dietro.
Stare al fianco è una delle modalità che ha caratterizzato la vita di Gesù di Nazareth: la famiglia sia questo Signore della vita e dell'amore che cammina al fianco delle altre famiglie.
La sfida educativa non va vinta o subita come perdita, ma va amata perché là dove non c'è amore non c'è vita che possa sorgere e risorgere.