Il testamento di Shahbaz Bhatti: Ministro pachistano per le
minoranze religiose ucciso il 2 marzo 2011 in odio alla fede
“Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia
cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno
educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno
influenzato la mia infanzia.
Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare
profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione
di Gesù. Fu l’amore di Gesù che m’indusse a offrire i miei servizi alla Chiesa.
Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi
sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni:
ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la
salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai
nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente
dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese
islamico.
Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato
chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a
rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No,
io voglio servire Gesù da uomo comune».
Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non
voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che
la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto
seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei
privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi,
i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il
sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire.
Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai
musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei
ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza
tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo
a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in
positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione,
ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la
comprensione in questa regione. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte
volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno
minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che,
finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e
questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.
Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia
e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i
versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza
e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha
sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra
redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del
Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e
seguimi». I passi che più amo della
Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi
avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete
vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».
Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze
sia Gesù a venirmi incontro. Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai
miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli
assetati. Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro
religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle
persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e
bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione,
allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo
senza provare vergogna”.