Assai bene Paolo enumera la complessità di questa legge, col dire: «La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità» (1 Cor 13, 4-6).
«La carità è paziente», perché sopporta con serenità i
torti ricevuti.
«È benigna», perché in cambio dei mali offre beni con
larghezza.
«Non è invidiosa», perché nulla desidera in questo
mondo, e quindi non sa invidiare i successi terreni.
«Non si vanta», perché non si esalta dei beni
esteriori, mentre desidera ardentemente il premio di una ricompensa interiore.
«Non manca di rispetto», perché dilatandosi nel solo
amore di Dio e del prossimo, ignora tutto ciò che è contrario alla rettitudine.
«Non è ambiziosa», perché, occupandosi intensamente dei
suoi beni interni, non sente affatto all'esterno il desiderio delle cose
altrui.
«Non cerca il suo interesse», perché tutto quello che
possiede in modo transitorio quaggiù lo trascura come fosse di altri, e non
riconosce nulla di suo, se non quello che perdura con essa.
«Non si adira», perché, anche se provocata dalle
ingiustizie, non si eccita ad alcun moto di vendetta, e attende maggiori
ricompense future per i grandi travagli sostenuti.
«Non tiene conto del male ricevuto», perché rinsaldando
l'anima nell'amore del bene, svelle dalle radici ogni forma di odio e non sa
trattenere nell'anima ciò che macchia.
«Non gode dell'ingiustizia», perché, anelando
unicamente all'amore verso tutti, non si compiace in alcun modo della rovina
degli avversari.
«Ma si compiace della verità», perché, amando gli altri
come se stessa, e vedendo in essi la rettitudine, si rallegra come di un
profitto e progresso proprio.(san Gregorio Magno, papa)
Non
abbiate debiti con nessuno, se non quello di un amore vicendevole. (Rm 13,8)