- Molte volte la parola "compassione", viene intesa come "poverino!?". A volte invece viene intesa come tenerezza, pena verso chi soffre o al dolore dell'altro. Un significato più ampio: "capacità di porre i nostri sentimenti in consonanza con i sentimenti dell'altro". es: "ridere con chi ride, piangere con chi piange". Quindi compassione è condividere, cioè proviamo compassione quando lo stato emotivo dell'altro riecheggia talmente dentro di noi che, in qualche modo, lo sperimentiamo. E' vero anche che un'identificazione totale è impossibile, la nostra individualità rende difficile assumere come propri i sentimenti, le espressioni degli altri.
Com'è possibile compatire?
CAMMINO VERSO LA COMPASSIONE:
- Conoscere le proprie emozioni. Riconoscere i propri stati d'animo, per dare un nome ai diversi sentimenti e capire perché sono comparsi. Tutti sentono qualcosa, ma non tutti sanno dare un nome, capire quale sentimento stanno vivendo.
- Controllare le nostre emozioni. Resistere all'impulso, no al tutto e subito: ho un desiderio...devo realizzarlo ora. Controllare l'impulsività dei propri desideri perché non tutto può essere "detto e fatto". Perché tutto diventa un capriccio, per saper mantenere buone le relazioni sociali.
- Motivare se stessi. Cioè scoprire l'interesse per le cose, risvegliare l'interesse per le cose, risvegliare in sé una sana curiosità e non essere sempre passivi. Iniziare a dire: posso farlo meglio, posso andare oltre, saprò fare anche questo, ci proverò, voglio riuscirci. Un atteggiamento mentale negativo (non c'è nulla da fare, sono fatto così, non si ottiene nulla) porta ad amplificare l'impossibilità di trovare una soluzione, mentre un atteggiamento mentale positivo (ce la farò) si ottiene qualcosa.
- Riconoscere le motivazione altrui. La parola compassione (di origine latina) e simpatia (di origine greca) hanno lo stesso significato: "patire con l'altro; sentire la stessa cosa che sente l'altro". La parola "empatia": mettersi nei panni dell'altro per sentire con lui. Cosa vuol dire? Sforzarsi di vedere il punto di vista dell'altro. Cioè osservare le reazioni dell'altro, comprendere le sue emozioni per poter capire i suoi sentimenti e le sue passioni.
- Controllare i rapporti con gli altri. Cioè consiste adeguare i nostri gesti ai bisogni degli altri, cioè far sì che ciò che diciamo e facciamo risponda alle situazioni personali che vivono gli altri. Se conosciamo i nostri sentimenti e ne controlliamo l'espressione esteriore, se siamo capaci di provare interesse per le cose e le persone, se siamo attenti ai sentimenti degli altri e adeguiamo a loro il nostro agire, allora saremo compassionevoli e potremo dar all'altro l'aiuto morale o fisico di cui ha bisogno.
Non tutto è compassione, anche se lo sembra
- La compassione non è debolezza sentimentale.
- La compassione non è piangere davanti ai drammi in televisione...e restare indifferenti a quelli reali.
- La compassione non è dire: povero!...ma fare in modo che ci siano meno poveri.
- La compassione non può fermarsi al sentire...ma deve passare al fare.
- La compassione non comincia guardando gli altri...comincia guardando se stessi.
- La compassione non è compassione se non è radicata nella speranza.
- La compassione può essere cieca, può essere muta, ma non deve essere invalida.
- La compassione non è tale se non passa all'azione.
La tua coscienza significa esattamente "gli altri dentro di te"(Luigi Pirandello, scrittore italiano)Esiste un unico eroismo: vedere il mondo così com'è e amarlo(Romain Rolland, scrittore francese)