"Arlecchino era un bambino povero. Un giorno tornò a casa triste e la mamma gli chiese perchè. L'indomani era carnevale: tutti avrebbero avuto un vestito nuovo e lui non avrebbe avuto nulla da mettersi. La madre lo abbracciò e lo rassicurò. Arlecchino andò a letto rincuorato. La madre, che era sarta, prese la sua cesta di pezze colorate, rimasugli di altri vestiti, e passò la notte a cucirle una con l'altra. L'indomani Arlecchino aveva il vestito più bello e originale. Tutti gli altri bambini erano meravigliati e gli chiedevano dove l'avesse comprato, ma lui taceva per custodire il segreto della madre, che aveva passato la notte a cucire quelle pezze colorate: bianco, rosso, blu, giallo, verde, arancione, viola,... E capì che non era povero, perchè sua mamma gli voleva bene più di qualunque altra e quel vestito era la dimostrazione".
In fondo, tutta la vita non fa altro che ritagliarti un vestito multicolore, a costo di tante notti insonni, notti di rimasugli di altre vite cuciti insieme. Proprio quando ci sentiamo più poveri la vita, come una madre, sta cucendo per noi il vestito più bello. (D'Avenia, "bianca come la neve rossa come il sangue" )
Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte. (2Cor. 12,9-10)
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