Chissà quante idee e immagini ti frullano in testa quando senti questa parola un po' misteriosa: vocazione. A me fa subito venire in mente una cosa semplice e straordinaria: un rapporto di amore intimo e concreto che si intesse tra Dio e me, un colloquio che si va svolgendo tra lui e me giorno per giorno, con accenti sempre nuovi. Ogni uomo, ogni donna è chiamato a questo incontro con l'Amore: siamo fatti costitutivamente per amare, per incontrarci con la sorgente stessa dell'Amore. Siamo fatti per vivere in rapporto di comunione con Dio. La realtà più bella e profonda della nostra umanità è la capacità di stare davanti a Dio a tu per tu: è nostro Padre e noi siamo figli e figlie suoi.
L'iniziativa di questo rapporto è certamente di Dio stesso che, liberamente e mosso solo dall'amore, da sempre si prende cura di noi e ci chiama alla comunione con sé.
Il senso profondo della vocazione, prima di ogni altra ulteriore esplicitazione, è racchiuso in questo fecondo dialogo d'amore: è questo stesso dialogo d'amore.
In questo dialogo l'iniziativa è di chi ama di più, ed è l'Amore stesso che si protende verso di noi. "In questo sta l'amore –ci ricorda l'apostolo Giovanni-: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi" (1Gv 4,10). È lui che per primo, come lo sposo del Cantico dei Cantici, ci viene incontro e ci chiama: "Alzati amica mia, mia bella, e vieni" (Ct 2,10). L'iniziativa è sempre sua. È suo il primato d'amore. "Come possiamo amare, se prima non siamo stati amati?" si domandava s. Agostino. Se "noi amiamo", ci ricorda ancora l'apostolo Giovanni, è "perché egli ci ha amato per primo" (1Gv 4,19).
Incontrarsi con Dio è incontrarsi con l'Amore ed essere avvolti dall'amore. È la scoperta gioiosa di avere un Padre che ci ama al punto "da dare il suo Figlio, l'Unigenito" (Gv 3,16). La scoperta che il Figlio, fattosi uomo per amore, ci ama fino a dare "la sua vita per noi" (1Gv 3,16). La scoperta che lo Spirito si riversa in noi come amore (cf. Rm 5,5): Dio è Amore! E perché amore… ci ama, personalmente, uno per uno. S. Paolo comunicava con gioia ai suoi cristiani della Galizia la scoperta che aveva rivoluzionato interamente la sua vita dandole finalmente un senso vero: il Figlio di Dio "mi ha amato e ha dato se stesso per me" (2,20).
Amore chiama amore. La rivelazione di Dio Amore non lascia inerte o indifferente nessuno. Essa coinvolge la persona in tutta la sua interezza. Fa appello al cuore, alla mente, alla volontà.
Quando Giovanni nella sua prima lettera scriveva: "noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore" (4,16), esprimeva la sua adesione totale e incondizionata al dono ricevuto. Il dialogo che si instaura tra Dio e l'uomo è intrinsecamente coinvolgente. "Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre", gridava Geremia (20,7) incapace di resistere alla forza travolgente dell'amore di Dio.
Allo svelamento che Dio fa di sé è così legata intrinsecamente una chiamata. Rivelazione di Dio e chiamata si richiamano a vicenda.
In lui si scopre la pienezza della luce, della vita, della bellezza, l'appagamento di ogni anelito più profondo. È un ritrovarsi pienamente in lui.
La vocazione è prima di tutto questa gratuità dell'amore: scoprire di essere amati e sentirsi chiamati a rispondere all'amore con l'amore
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