In Carlo Castagna non è il rancore a dominarlo, né il desiderio di vendetta, ma la volontà di perdonare chi gli ha brutalmente portato via gli affetti più cari. Di trovare spazio, nelle preghiere, per chi lo ha ferito così profondamente. Di accettare l’accaduto come parte di un disegno più grande, divino. Un atteggiamento che potrebbe apparire sconcertante, addirittura disumano.
Eppure Carlo Castagna, occhi lucidi e sguardo in basso, si rivela nella sua più autentica umanità quando rivive le fasi salienti della strage. La lucidità con cui ha appreso la notizia dei corpi sgozzati, il ritrovarsi ad affrontare una realtà che lo ha sconvolto, l’intuizione, rafforzata dalla fede solida della suocera, “Mamma Lidia”, che il perdono fosse la strada giusta da imboccare, quella che lo avrebbe risollevato.
Perché “non si può vivere macerati dall’odio”, e laddove “abbonda l’umiltà di riconoscersi come peccatori abbondano anche la misericordia divina e la grazia del perdono”. “Troviamo spazio nelle nostre preghiere per queste persone che ci hanno ferito”, sosteneva coraggiosamente “Mamma Lidia”. Perché “il Padre non vuole la morte dei peccatori e, anzi, più è grande la colpa, più è grande l’abbraccio divino”. “Il perdono rende liberi”, sottolinea Castagna, che confida nel ritorno della serenità dopo ogni sofferenza vissuta cristianamente.
La sua sofferenza è aver perso i suoi cari, la sua gioia è aver vissuto tanti anni al loro fianco. Castagna testimonia che “con l’aiuto del Padre si può anche amare il fratello che ti ha ferito”, incarnando l’esigenza dell’uomo di relazionarsi con Dio, l’abilità di accettare, con fede e consapevolezza, le conseguenza di un disegno che appare incomprensibile e ingiusto e, infine, la capacità del cristiano di perdonare.
Un messaggio di non poco conto durante il periodo sociale che stiamo vivendo, che ci fa ritornare prepotentemente alle ultime parole sulla croce di Gesù: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. (Lc. 23,34). Il perdono, dunque, secondo l’intuizione di Castagna, è la via per guarire.
Eppure Carlo Castagna, occhi lucidi e sguardo in basso, si rivela nella sua più autentica umanità quando rivive le fasi salienti della strage. La lucidità con cui ha appreso la notizia dei corpi sgozzati, il ritrovarsi ad affrontare una realtà che lo ha sconvolto, l’intuizione, rafforzata dalla fede solida della suocera, “Mamma Lidia”, che il perdono fosse la strada giusta da imboccare, quella che lo avrebbe risollevato.
Perché “non si può vivere macerati dall’odio”, e laddove “abbonda l’umiltà di riconoscersi come peccatori abbondano anche la misericordia divina e la grazia del perdono”. “Troviamo spazio nelle nostre preghiere per queste persone che ci hanno ferito”, sosteneva coraggiosamente “Mamma Lidia”. Perché “il Padre non vuole la morte dei peccatori e, anzi, più è grande la colpa, più è grande l’abbraccio divino”. “Il perdono rende liberi”, sottolinea Castagna, che confida nel ritorno della serenità dopo ogni sofferenza vissuta cristianamente.
La sua sofferenza è aver perso i suoi cari, la sua gioia è aver vissuto tanti anni al loro fianco. Castagna testimonia che “con l’aiuto del Padre si può anche amare il fratello che ti ha ferito”, incarnando l’esigenza dell’uomo di relazionarsi con Dio, l’abilità di accettare, con fede e consapevolezza, le conseguenza di un disegno che appare incomprensibile e ingiusto e, infine, la capacità del cristiano di perdonare.
Un messaggio di non poco conto durante il periodo sociale che stiamo vivendo, che ci fa ritornare prepotentemente alle ultime parole sulla croce di Gesù: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. (Lc. 23,34). Il perdono, dunque, secondo l’intuizione di Castagna, è la via per guarire.