Siamo nel tempo di Quaresima, tempo per interrogarsi sulla fede e sulla santità della propria vita; perché il periodo di recitare o essere cioè anche la religione diventi uno spettacolo, luogo in cui si recita. Recitare, strano verbo, quando è legato al pregare, perché si recita il Credo, si recita il rosario, ma nello stesso tempo è in aggiunta la recita, come tono artefatto, poco naturale con volti impassibili, in cui diciamo che gli errori, i cedimenti, gli smarrimenti succedono sempre agli altri, mai a noi.
Esiste la sicurezza di recitare la parte di Dio, mai si dice "ho peccato" e si dice troppe volte scusa ma mai perdono. Quando domina il ruolo, si recita la parte del perfetto. Proprio per questi risvolti della nostra persona, è importante il digiuno in Quaresima, perché è un percorso per incontrarsi come persone, figli di Dio. Essere figli di Dio è la più grande dignità che ci è toccata, per un credente dovrebbe la cosa più importante, altro non conta.
Essere figli di dio vuol dire essere figli liberi, quindi non soffocati, mascherati, misurati da titoli e ruoli. La quaresima c'invita, proprio con le tradizionali indicazioni per la vita cristiana, ad alimentare la fede attraverso un ascolto più attento e prolungato della Parola di Dio e la partecipazione ai Sacramenti, e, a crescere nella carità, nell'amore verso dio e verso il prossimo, anche attraverso le indicazioni concrete del digiuno, della penitenza, dell'elemosina. Troppe volte intendiamo la carità come qualche servizio di assistenza o di aiuto al prossimo. La carità comprende tutto questo, ma va molto al di là. Essa riguarda l'atteggiamento profondo dell'uomo che è fatto per amare, e si realizza soltanto nella donazione di sé.
In questo uscire da sé e dai propri interessi egoistici o "privati" offrendo la sua vita per gli altri, ciascuno di noi sente che sta realizzando in sé l'immagine di Dio che è carità e che si manifesta a noi nella dedizione incondizionata.

Come salvarsi, dal momento che bisogna pregare di continuo e bisogna necessariamente fare opere buone per conquistare il cielo? Visto che tutto si riduce alla preghiera, al digiuno, all'elemosina, tutto è possibile perché volere è potere!
Il digiuno, anche se avessimo una cattiva salute, saremmo infermi; l'elemosina, anche se fossimo poveri; la preghiera, anche se fossimo indaffaratissimi li possiamo fare perché sono assai graditi a Dio. Ma come?
DIGIUNO: ogni volta che ci priviamo di qualche cosa che ci piacerebbe fare; non è non mangiare o bere, ma è una privazione di ciò che ci riesce gradito al nostro gusto (la cura di sé, le uscite serali, le chiacchiere: pettegolezzi a fin di bene, bugie a fin di bene, giudicare), cioè fare ciò che non ama fare, stare con persone che contrariamo il suo carattere, il suo modo di agire. Il digiuno ci aiuta a combattere l'amor proprio, il proprio orgoglio; il tutto senza farsi notare. Un'altro digiuno è soffrire con pazienza, certe cose molto sgradevoli, senza parlare di malattie, infermità, afflizioni che sono inseparabili dalla vita. Accettando ciò che c'incomoda: un lavoro che ci annoia, una persona antipatica, un'umiliazione che ci costa sopportare... accettare tutto questo per Dio, solo per piacergli.

PREGHIERA: chi non ha tempo?! Si può pregare di continuo, anche mentre si lavora; cioè tutto quello che facciamo, sia per la volontà di Dio. Tutto questo perché l'elemosina, il digiuno e la preghiera sono le caratteristiche naturali del cristiano. Non esiste il cristiano non praticante, perché non esiste la divisione dell'essere e del fare. E' un percorso senza ostentazioni, nella certezza che il Padre celeste sa leggere e vedere anche nel segreto del nostro cuore.
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Tutto questo, domanda di cambiare la scaletta dei propri valori, l'orientamento delle proprie scelte, solo così possiamo essere veri uomini, solo così la Chiesa apparirà come lo spazio dove risplende la libertà e l'umanità dei rapporti, luogo di relazioni sincere e intense, più profetiche.
Dio chiede meno protagonismo, meno efficientismo, meno recite, più vicinanza, più sincerità!
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