La cooperazione implica un lavorare assieme, cioè andare tutti nella stessa direzione, collaborare per arrivare, realizzare l'obiettivo comune.
Con la collaborazione tendiamo a favorire l'altro; però uno collabora se c'è una reciprocità, altrimenti sarebbe solo un aiuto. L'aiuto segue solo una direzione: uno aiuta e l'altro è aiutato.
La cooperazione ha una doppia direzione: io aiuto l'altro e gli altri aiutano me, tutti ci diamo una mano a vicenda.
La voglia di socializzare è nella persona, infatti l'uomo è persona mai un individuo, questo fragile equilibrio oscilla tra la socialità e l'egoismo.
Questi due aspetti, però, hanno la loro ragion d'essere. La socialità è necessaria perché abbiamo bisogno degli altri per sussistere. Da quando nasciamo abbiamo bisogno di un legame, super debole, per diventare umani (cioè inserirci nella cultura, nelle tradizioni).
Abbiamo però bisogno "dell'egoismo" per sussistere tra glia ltri. Per egoismo intendiamo: un prendersi cura di noi stessi; un proteggersi per non essere usati dagli altri.
L'amore per gli altri comincia da noi stessi! La cooperazione implica l'individualità di noi stessi e quella degli altri. Per cominciare con gli altri, dobbiamo influenzare e lasciarci influenzare, aiutare e lasciarci aiutare.
FARCELA DA SOLI
Una frase che spesso mi sento dire è: “ma io ce la
devo fare da solo/a”. Quando chiedo: “perché?”, le persone rispondono in modo
vago: “è giusto così”, “non si può dipendere dagli altri”, “siamo noi che
dobbiamo risolvere i nostri problemi”.
Curiose affermazioni. Il punto è che troppo spesso i
nostri pensieri non sono frutto di riflessione ma poggiano su pregiudizi ed
emozioni. Crediamo di essere razionali, invece siamo immersi nelle emozioni
senza esserne molto consapevoli.
Perché dovremmo farcela da soli? Perché è un disonore
non riuscirci? Perché chiedere aiuto è vissuto spesso come un segnale di
debolezza?
Io credo che invece sia un segno di umiltà e di
libertà interiore. Nessuno di noi può farcela da solo: abbiamo bisogno di
dialogo, di confronto, di sguardi diversi dai nostri che mettano in crisi i
nostri orizzonti, i nostri sguardi, e che da quella crisi facciano nascere
sguardi nuovi e più ampi.
Abbiamo paura della dipendenza quando, in realtà,
siamo dipendenti.
“Voglio sentirmi libero/a!” Ma di che libertà parlo
se poi sono prigioniero dei miei problemi, dei miei complessi? Per me la
libertà è un percorso: non nasciamo liberi, né lo siamo per natura. Siamo
guidati dagli istinti, dalle emozioni, dai complessi. Recuperiamo spazi di libertà
via via che diventiamo più consapevoli di noi e di ciò che ci agisce. Se sono
consapevole posso cercare di scegliere, di decidere cosa fare;
nell’inconsapevolezza sono agito da istinti ed emozioni, e non sono libero.
Io non ce la faccio da solo: ho bisogno delle persone
che amo, degli amici, di chi mi sta vicino. Chiedo aiuto quando ne ho
necessità. Mi sento libero (Gv 15, 1-8).
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