Dal libro della Genesi: “Poi levarono l'accampamento da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino per arrivare ad Efrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile. Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: «Non temere: anche questo è un figlio!». Mentre esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni [che significa figlio del dolore], ma suo padre lo chiamò Beniamino [figlio di buon augurio]. Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Efrata, cioè Betlemme. Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. Questa stele della tomba di Rachele esiste fino ad oggi.”
Morte e vita si incontrano, dolore e speranza, il confine passa attraverso un soffio, il soffio, che non è parte della vita ma prova della vita. Il soffio che è volatile, passa, si perde e si spegne, così come le nostre vite.
Ma davvero è tutto qui, davvero la nostra vita è solo soffio, davvero si sta, come scriveva Ungaretti nei mesi terribili in cui ha vissuto in trincea, sul Carso, “Come d’autunno sugli alberi le foglie”?
Un cristiano dovrebbe sapere che non è così, che non siamo scatolette di carne con una scadenza. Il cristiano è animato da un soffio di vita e di speranza che viene da lontano e che non si perde, che, addirittura, si fa carne e sangue in lui, si fa vita. Anche nel dolore, anche nella fatica, anche nella croce.
Cristiano credi in te stesso significa, fondamentalmente questo: cristiano sii chi sei, nel profondo, vivi la vita che Dio ti ha donato facendo esplodere in te ed attorno a te il soffio vitale che hai ricevuto nel battesimo, che ricevi di domenica in domenica nell’eucarestia, che hai ricevuto nei sacramenti della cresima, del matrimonio, dell’ordinazione sacerdotale. Che recuperi nel sacramento del perdono.
Viviamo un tempo di paure e di ansie, un tempo in cui i nostri gesti ed in nostri pensieri continuamente sconfessano quella parola che il Signore ci ha consegnato nel vangelo di Matteo “Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena.” Cacciamo da noi stessi e dalla nostra vita il soffio vitale, la voce del Signore che giorno per giorno mostra la strada, conduce per la valle oscura, porta a nuovi pascoli, guida ad acque tranquille.
Cristiano credi in te stesso significa credere e vivere non come se Dio esistesse, ma nella luce e nella forza di Dio che ci è partecipata di momento in momento, anche al buio, anche quando non ci sembra possa accadere.
L’uomo dell’Antico testamento viveva davanti a Dio, e questo era già cosa molto buona. Viveva continuamente rivolto a lui, Lui ringraziava per i frutti della terra, per gli armenti, ogni manifestazione della natura era manifestazione di Dio. E questo era sano, molto sano. Ma non sufficiente perché faceva di Dio una sorta di padrone, buono finché volete ma pur sempre padrone….
Con Gesù ed in Gesù le cose cambiano e molto, totalmente. Non vi chiamo più servi ma amici. E forse anche qualche cosa di più perché siamo, in Lui e grazie a Lui, carne e sangue di Dio stesso. Là dove Dio ha condiviso la nostra carne anche noi siamo chiamati a condividere la sua carne, che è il soffio di Dio, che è la vita di Dio!
Credere questo significa credere che siamo parte di Dio, credere che siamo inseriti, nel cuore della Trinità. Che siamo parte di quel movimento straordinario che lega il Padre con il Figlio nello Spirito. Che siamo al centro di un vortice di amore e di vita che vince ogni morte.
Questa è la nostra vocazione prima ed ultima, totale, nella quale poi ognuno trova la sua particolare strada, il suo particolare percorso, il suo modo di essere e di vivere in questo spirito, anzi nello Spirito.
Il cristiano ha smarrito questo senso di Dio, questa vocazione fondamentale e fondate, e dunque ha smarrito anche se stesso. Perché ogni cristiano è creato in Cristo ed in vista di Cristo come scrive Paolo ai Filippesi. Dio Padre lo crea pensando al Figlio e, messo nel tempo e nello spazio, puntando ad aiutarlo a diventare come il Figlio.
Questo è la nostra straordinaria, bellissima eredità e missione. Di ognuno di noi, là nello stato di vita in cui si trova. Perché non si tratta di mollare tutto e ritirarsi in un eremo, si tratta invece di vivere in pienezza la propria specifica vocazione come parte di un tutto di cui tutti noi facciamo parte. Cristo è uno solo ed assomma in sé ogni vocazione – ha fatto bene ogni cosa dicevano di lui. Ognuno di noi riflette un aspetto della vita di Cristo, della sua totalità.
In ciò Egli è maestro, cioè indicatore di un percorso, modello dell’esistenza, modello soprattutto di ascolto e di obbedienza a quel soffio divino che ci è dato. Ogni vita cristiana è, così, un’esistenza teologica, un’esistenza cioè che ha in Dio la sua condizione di possibilità, che trova in Dio la sua ragion d’essere, che ascolta in Dio le profondità dei suoi desideri e delle sue aspirazioni.
Come scriveva s. Teresina: “Gesù è maestro dei maestri perché il regno di Dio è già dentro di noi, perché abita il nostro cuore. Prima di tutto non abbiamo bisogno di libri, di fiumi di parole e di conferenze, Egli – il maestro – insegna senza il rumore delle parole, lui che è la Parola. Non l’ho mai sentito parlare, ma sento che Egli è in me, ogni momento. Egli mi guida e mi ispira ciò che devo dire o fare. Proprio quando ne ho bisogno scopro delle verità che prima non avevo mai compreso”.
Questa è una esistenza teologica, una esistenza protesa al Signore, una esistenza in ascolto, un’esistenza cristiana. Che vive non a caso, nel caso o per caso. Che vive non giorno per giorno in ascolto di chissà quale parole, attendendo che qualcuno lavori al posto suo o vada a prendere i figli a scuola al posto suo….
Un’esistenza con i piedi ben piantati per terra, che sa quali siano i propri doveri nei confronti di se stesso, della famiglia, della società e della Chiesa, ma una esistenza sempre pronta a convertirsi, a cambiare, a migliorare, a voltare il capo altrove, in ascolto di quel soffio. Disposta a scoprire giorno per giorno la propria missione, anche e soprattutto quando si fa difficile.
Cristiano credi in te stesso significa, da ultimo, partecipare alla costruzione del Regno di Dio, essere quella pietra viva che costruisce l’edificio spirituale, la Gerusalemme nuova, il corpo vivo del Cristo nel tempo e nella storia. Ogni esistenza cristiana è parte della grande missione che il Padre ha affidato al Figlio e che il Figlio ha affidato a ciascuno di noi.
Questo si fa non fondando ordini religiosi o realizzando grandi imprese, per qualcuno è così, ma non per tutti, probabilmente per nessuno di noi, oggi, qui. Questo si fa, costruire il Regno, vivendo il momento presente, il momento attuale, senza scoraggiarsi pensando al passato ed al futuro, ma tesi a costruire l’oggi di Dio.
Il cristiano che conosce la volontà di Dio non conosce né la preoccupazione né l’astrazione. Nella consapevolezza che il mio piccolo oggi, costruito nella volontà del Signore, costruisce il Regno. Age quod agis fai bene quello che stai facendo, con un occhio a te ed uno al mondo, alla comunità, a quanto ti circonda.
Con una consapevolezza, che va spiegata e per la quale vi chiedo ascolto prima di “difendervi” con una precomprensione. La consapevolezza è quella di essere migliori. Di sapere che il cristiano è migliore, che il cristianesimo è migliore.
Migliore sta a dire non superiore, migliore sta a dire più buono. Buono per grazia di Dio, non per merito, ma più buono, migliore di altro. Migliore perché migliori gli altri. Migliore non perché gli altri restino peggiori, ma migliore perché gli altri migliorino ed addirittura superino – è il paolino fare gara nello stimarvi a vicenda. Migliore come, ad esempio, è migliore l’insegnate che è chiamato a rendere migliori i propri allievi.
Abbiamo un unico Maestro, Cristo, però ciascuno di noi è chiamato ad agire, nel compiere la propria missione, nell’essere se stesso – un cristiano – in modo tale che altri comprendano e vivano. Gli scout dicono che quando passano in un luogo lo devono lasciare migliore di come lo hanno trovato, così è del cristiano se crede nel meglio che gli è stato consegnato in dono, se crede che, pur in vasi di creta, egli porta un tesoro inestimabile, la vita divina che lo abita e che deve e può condividere con il mondo.
Cristiano credi in te stesso, perché Dio – in Cristo incarnato, morto e risorto – crede in te.
Concludo citando S. Giovanni Grisostomo, un padre della Chiesa del IV secolo: “Il Cristo pasce agnelli. Finché saremo agnello del suo gregge vinceremo. Quando diventeremo lupi e ci disperderemo perderemo”.
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