La Chiesa è angosciata dalla sessualità?
Ma la società dice della Chiesa il contrario?
La cultura laica, radical-borghese e capitalista vede l’uomo soltanto nel suo aspetto individuale, sensitivo, essenzialmente polarizzato al piacere e ad una certa libertà che spesso deborda nel libertinaggio. Di fronte a un uomo intento a cercare solo e sempre la fuga dalla fatica, dal dolore e dalla disciplina, per vivere in una situazione di piacere e di soddisfacimento individuale, è necessario proclamare che questa non è una vita di liberazione. La Chiesa cerca di dare una risposta fondata e fondante con la Sacra Scrittura.
Infatti…
Per la società suddetta la fedeltà e l’indissolubilità del matrimonio sono considerate impossibili; alcuni addirittura non le considerano dei valori, ma dei disvalori. La castità matrimoniale da molti non è conosciuta neppure nel suo significato teorico.
Per la Chiesa quali sono gli elementi fondamentali della sessualità?
La sessualità, nel progetto di Dio, è certamente una meraviglia, ma se questa meravigliosa realtà va capita, conosciuta.
Il primo elemento da tenere presente quando si dice corpo è di percepirlo strettamente legato allo spazio.
Se conosciamo bene il nostro corpo, lo vediamo come uno spazio in cui ci sono simmetrie e asimmetrie: abbiamo certi organi doppi (occhi, orecchi, polmoni, reni...); abbiamo certi organi semplici che si raddoppiano (le narici del naso...) e abbiamo un organo che è la metà degli organi necessari al suo funzionamento: l’organo genitale. Le cellule sessuali, spermatozoi e ovuli, hanno solo la metà del numero formato dei cromosomi.
Quindi…
C’è in noi un’esigenza di completamento con un partner che è iscritta in tutto il nostro corpo, ed è a partire dal nostro corpo che dobbiamo comprendere il senso dell’altro; c’è in noi una mancanza che diventa appello ad un altro per poter arrivare, per esempio, al funzionamento sessuale e alla procreazione. Tutto questo è iscritto profondamente nella nostra carne.
È solo l’organo genitale che dice il nostro essere maschio o femmina?
No, nel corpo ci sono anche caratteristiche sessuali secondarie, importanti e significative. Ne citiamo una per tutte: la voce. La nostra voce, che porta la parola con tutti i suoi contenuti all’altro, porta profondamente impresso il segno della nostra sessualità. Tutto il nostro corpo è marcato dalla sessualità. La sessualità non è casuale, non riguarda soltanto i nostri organi genitali, non è localizzata in una parte del nostro corpo: noi siamo totalmente sessuati in ogni parte del nostro essere fin dal primo momento della nostra esistenza. La sessualità non è localizzabile soltanto negli organi sessuali o in una parte del nostro corpo. Già la prima cellula, a partire dalla quale è programmato il nostro corpo, contiene significativamente la metà dei cromosomi ricevuti dal padre e l’altra metà ricevuta dalla madre. Tutto il nostro corpo è segnato radicalmente da questo patrimonio genetico che attraverso il padre e la madre ci lega a tutta la storia umana che ci ha preceduti. Tutto il nostro corpo è segnato dalla sessualità: il fisico, la psiche, l’intelligenza, l’affettività, la capacità relazionale con gli altri.
Il secondo elemento è il tempo. Nel corpo ci sono dei ritmi: la respirazione, il sonno; c’è l’infanzia, la vecchiaia, il momento della morte. Tutto il nostro corpo è segnato dal tempo, la nostra sessualità è segnata dal tempo.
Infatti…
L’uomo nasce come il più indifeso degli animali.
L’uomo ha bisogno di molto tempo per crescere fisicamente, psicologicamente, affettivamente.
A differenza degli animali, noi abbiamo acquisizioni non automatiche: sono acquisizioni che vanno scoperte con fatica e con l’aiuto degli altri. E, a differenza degli animali, nell’uomo può esserci un deterioramento o un blocco a uno stadio incompleto di questo sviluppo. Anche nello sviluppo dell’istinto sessuale c’è una differenza fondamentale tra l’animale e l’uomo.
Ma anche per l’uomo la sessualità è qualcosa di meccanico?
Mentre nell’animale l’istinto sessuale non ha bisogno di educazione o di apprendistato, nell’uomo la pubertà fisica precede di molti anni la pubertà psicologica ed affettiva.
La sessualità umana ha bisogno di essere umanizzata.
Fisicamente l’incontro sessuale è possibile anche tra adolescenti e da questo atto può anche nascere un figlio. Ma quale sarebbe il valore di questo incontro quando la pubertà psicologica e affettiva è ancora lontana lunghi anni? Fare l’amore senza coscienza e responsabilità è fisicamente possibile, ma è insignificante e banale, forse soltanto animale.
Ci sono altri elementi importanti?
Oltre alle dimensioni dello spazio e del tempo, c’è anche la dimensione sociale, perché il corpo è segnato dalla relazione con l’ambiente che lo circonda.
L’uomo non può esistere senza avere la coscienza sensibile di ciò che lo circonda.
Proprio l’esercizio dei sensi ci permette di esistere, di collocarci tra gli altri e tra le cose. Le funzioni nutritive servono proprio a questo. Il fatto che noi mangiamo degli elementi che vengono dal mondo vegetale e animale ci fa capire che facciamo parte del mondo creato e dipendiamo da esso. E noi uomini non mangiamo come gli animali per sopravvivere, ma sentiamo l’esigenza di mangiare insieme e di vivere una realtà che va oltre il riempire lo stomaco. Il pasto ha sempre avuto qualcosa di trascendente e di religioso. Cristo stesso ha posto il centro e il culmine della sua religione nell’incontro tra Dio e l’uomo durante un pasto: la cena eucaristica.
Che differenza c’è ancora tra l’uomo e l’animale?
Per quanto riguarda l’aspetto sociale della sessualità, notiamo che la sessualità animale è in ordine alla fecondità e alla sopravvivenza della specie. Significativamente essa viene esercitata solo nei periodi di fecondità. La sessualità umana invece, pur avendo lo scopo della riproduzione, ha anche e soprattutto un orientamento verso l’incontro, verso la relazione, verso un linguaggio interpersonale. Il rapporto sessuale umano non è legato alle stagioni, ai mesi, ai periodi di fecondità, ma può avvenire in ogni momento e questo è segno che la sessualità umana non è solo procreativa, ma prima di tutto relazionale. Ciascuno nasce, vive, parla, ama, muore come uomo o come donna, e nessuno può pretendere di rappresentare in sé l’umanità intera.
Essere immagine di Dio vuol dire alterità, cosa significa?
Essere a immagine di Dio significa essere fatti per la relazione, significa che l’uomo è capace di relazione, di incontro con l’altro: questa è l’immagine di Dio.
L’uomo e la donna sperimentano la loro differenza. C’è in noi un’universale resistenza ad accettare che l’incontro autentico avvenga nella "alterità", nella "diversità", ossia lasciando, volendo e desiderando che l’altro resti se stesso, senza tentare di omogeneizzarlo a noi. Questo problema non si presenta solo nel rapporto maschio e femmina, ma in tutti i rapporti con gli altri. Tutti devono essere a immagine di Dio e nessuno dev’essere a nostra immagine se non in quanto, eventualmente, siamo a immagine di Dio. Forse non guariremo mai definitivamente dal desiderio che l’altro sia a nostra immagine.
Perché l’alterità è un problema?
Perché vuol dire accettare l’altro come diverso, amarlo come diverso, desiderare e volere con tutte le nostre forze che rimanga diverso. E questo a partire proprio dalla relazione tra uomini e donne: quello è il primo luogo in cui si manifesta la nostra diversità.
La donna non è il complemento dell’uomo, e l’uomo non è il complemento della donna. L’uomo e la donna sono destinati l’uno all’altro, l’uno per l’altro, ma in una differenza che deve restare, l’alterità, e che va vissuta come una provocazione e una prova. È una crisi, ma una crisi attraverso la quale si matura e si crea l’incontro. Questa considearzione ci ricorda che la coscienza umana deve essere una coscienza sessuata, cioè diversa e complementare, sovente conflittuale, e quindi, in definitiva, la giusta valutazione morale dev’essere frutto del dialogo e dell’apporto dell’uomo e della donna.
Ognuno è per l’altro come un masso di marmo e rispettivamente uno scultore di esso. Per trarre un’opera d’arte da una pietra informe ci vuole un progetto chiaro in testa e molto lavoro faticoso. Lo scopo finale non è creare l’altro a mia immagine e somiglianza, ma a immagine e somiglianza di Dio.
Ma allora il desiderio non è solo fonte di piacere?
Il desiderio ci chiama fuori da noi stessi, quindi ci chiama all’estasi, a uscire da noi per un incontro: questo è scritto in noi in profondità, nella nostra natura. Ma a questo punto si presenta un problema di primaria importanza: noi possiamo raggiungere l’altro come oggetto o come soggetto, come cosa o come persona. Nel primo caso abbiamo l’egoismo, nel secondo l’amore. Il desiderio va umanizzato, educato, sanato dall’egoismo. Diversamente è distruttivo di noi e degli altri. Solo l’amore edifica (1Cor 8,2). Unità e differenza nella coppia possono trovare il loro giusto equilibrio solo nell’amore. Ciò vale anche per tutte le altre forme di relazione con il prossimo. Alla base di ogni convivenza umana e cristiana sta il comandamento dell’amore: "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Lv 19,18; Mc 12,31).
Quando è amore vero?
Va ricordato inoltre che l’amore non attenua le differenze. L’amore vero nasce quando le differenze sono accettate nella meravigliosa possibilità del dare e del ricevere: dare ciò che si ha, ricevere ciò che non si ha. L’amore vero esiste quando una relazione è creatrice. Una relazione per essere creatrice ha bisogno di essere reciproca, accettando l’altro con i suoi limiti che mi danno la possibilità di donargli ciò che non ha. Chi vuole che gli altri siano simili a lui, li vuole mangiare, li vuole divorare, li vuole "assimilare". Certe persone che vogliono fare tanto bene agli altri, talvolta, in realtà hanno una voracità insaziabile che vuole mangiare tutti, assimilare tutti. L’amore nasce dalla libertà e dal rispetto totale dell’altro; senza libertà e rispetto non c’è amore, ma possesso e dominio: c’è egoismo che "cosifica" l’altro. L’amore invece è vivere in un altro e per un altro, per portare l’altro al Totalmente Altro.
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