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GRATUITAMENTE AVETE RICEVUTO, GRATUITAMENTE DATE, (Mt 10,8b). Noi abbiamo solo il presente da vivere e in questo tempo ci giochiamo la nostra vita, la nostra eternità, il nostro destino (E. Olivero)

mercoledì, settembre 19

Ostie tra le mani


Ogni tanto accade che si finisce all’ospedale. Non è mai bello, né piacevole, ma forse è più dura quando, a soffrire, non siamo noi, ma un figlio. Magari piccolo piccolo, tanto da apparirci totalmente disarmato dinnanzi al dolore. Quando un figlio si ammala, sentiamo cosa significa voler più bene ad un altro, che a noi stessi.
In ogni modo, tutto è bene ciò che finisce bene, e così anche la permanenza del mio piccolo al san Matteo di Pavia, è già solo un ricordo. Forte rimane invece, nella memoria, un’altra esperienza. Accade che la dottoressa Gloria, che ha operato il mio piccolo, il giorno prima delle dimissioni, una domenica, mi porti vicino Pavia, a Tortona: “Vieni con me a vedere il piccolo Cottolengo…”.
Parto, senza sapere cosa incontrerò. Di questa istituzione non avevo mai sentito parlare. Conoscevo il Cottolengo di Torino, la storia straordinaria di questo sacerdote piemontese dell’Ottocento che aveva iniziato ad ospitare i malati rifiutati dagli ospedali civili. Ma di una struttura analoga, per bambini, non sapevo nulla.
“Qui – mi spiega Gloria, per prepararmi, prima di mostrarmi dal vivo la realtà- vengono accuditi bambini, di solito con bassa aspettativa di vita, che abbisognano di cure sub-intensive e che gli ospedali non possono tenere”.
Arrivati nella casa, ci apre suor Gabriella, un volto dolce e gentile. Ci porta subito a perlustrare la struttura. Non sa neppure chi sono, ma c’è in lei il desiderio di mostrarmi qualcosa che le è caro come la pupilla dei suoi occhi; e di far vedere alla dottoressa i piccoli pazienti, per qualche suggerimento, qualche consiglio, eventuali bisogni.
Il primo incontro è struggente: una bimba, malata di Sla, che mi sorride, dalla sua poltroncina, sui cui vive, immobilizzata… Sorride soprattutto ai maschi, mi dicono scherzando… Ma io non sono abituato ad una scena del genere, e non riesco a non piangere. Mi vengono in mente, subito, le parole di Gloria, la mia accompagnatrice, e medico: “Di fronte ai malati dobbiamo metterci in ginocchio”. E collego queste parole, comprendendole per la prima volta in vita mia, alla grande storia della carità cristiana, a tutti i santi che hanno accudito malati e sofferenti, dichiarandosi loro “servi”, sostenendo di vedere in ognuno di loro Cristo stesso sofferente. Capisco quello che scriveva suor Scolastica Piano meditando la missione cottolenghina: “Nella Piccola Casa o si è ostie o ostie si hanno tra le mani, tutto il giorno”.
Di fronte a quella bambina vorrei inginocchiarmi, baciarle le manine e i piedini: in quella sua sofferenza innocente vorrei di lavare la mia miseria; vorrei pregare lei, crocifissa al legno di una sedia, di pregare per me. Dopo di lei, ne vedo tanti altri: sono italiani, rumeni, marocchini… La suora me li presenta tutti, li guarda con amore, così come fa Gloria, che li abbraccia, vigorosamente, con somma naturalezza. Io, invece, sono lì, impacciato, come bloccato di fronte alla loro “diversità”: ci vuole un po’ ad abituarsi, a capire che dietro la malattia o la deformità fisica, c’è una bellezza, non immediata, da ammirare e scoprire. “Bisogna guardarli come fossero ‘normali’ – mi spiegherà Gloria, nel viaggio di ritorno-;bisogna fare sentire loro affetto, perché se li prendi in braccio con gioia loro lo sentono, si rilassano, sono contenti…se invece sei uno stecco, loro non si sentono accolti, e rimangono perplessi”. “Loro, proseguirà, ascoltano il tono della nostra voce, capiscono chi gli vuole bene, provano dolore, ma anche gioia e sollievo…”. Mi è più chiaro, ora, quello che ci hanno mostrato con orgoglio la suora ed il giovane fisioterapista, entrambi così attenti alle “ostie” che hanno tra le mani: il prato dove i bambini incapaci di muoversi vengono sdraiati, perché provino sollievo fisico; la sala per la musica, per rilassarli; la vasca modernissima, in cui i bambini vengono distesi e avvolti da teli che contengono acqua e che in modo incredibile sollevano e avvolgono il corpo, impedendogli di percepire la gravità e rendendolo per un po’ leggerissimo…
Ripenso a quei bimbi: non sono abbandonati in un angolo, quasi si aspettasse la loro morte (che certo, per molti, è dietro l’angolo). Vengono lavati, puliti, vestiti decorosamente; e poi ci sono i volontari che li abbracciano, gli parlano…; i medici come Gloria che accorrono, magari per curare solo un piccolo “dettaglio” curabile; i donatori che permettono alla struttura, con le loro offerte, di sopravvivere…
Tanto dolore e tanto bene, nello stesso luogo. Lo scandalo della croce e la letizia cristiana, che si guardano. Scandalo e follia, certamente, come la condizione umana. Croce e resurrezione; prova e speranza; dolore e amore; sacrificio e gioia. Io, lì, vorrei baciare senza posa quella bimba che per prima ho incontrato. Vorrei baciare le mani di quella suora che passa lì, tutta la sua vita, certa che l’amore non è mai inutile; certa che quei corpi malati avvolgono anime immortali, di fratelli immortali. E vorrei baciare anche la dottoressa che ha sacrificato la domenica per me e per quei bimbi. Ma non sta bene, per cui mi limito a baciare la tomba di don Orione, subito fuori dalla casa, nella Chiesa lì accanto. San Luigi, prega per me.
Francesco Agnoli, Il Foglio, 2 agosto 2012

Liberare il nostro spirito

Il nostro spirito è ingombro è come soffocato da ogni specie di sogni assurdi che non si realizzano mai e che non ci avvicinano affatto alle realtà del mondo; da ogni specie di curiosità e di questioni vane che ci agitano inutilmente senza vera scienza; da ogni specie di desideri e aspirazioni contrari alla vocazione che noi abbiamo riconosciuta e che non esprimono affatto la nostra vera attesa. Tutto questo è troppo.
L'uomo d'azione deve respingerlo, se vuol raggiungere i suoi obiettivi; e così pure, e ancora di più, deve fare l'uomo di preghiera, poichè per rimanere nella realtà deve attenersi all'autenticità della sua relazione con Dio vive e vero, santo e folgorante. (A.M. Besnard, La preghiera come rischio, p.24)

Il destino della vita


Non c'è vera vita dell'uomo, vita duratura, che valga la pena di vivere, se non entra nei sentimenti, nei pensieri, nella coscienza, nella storia, nella carne di Gesù; se non si lascia assimilare dai propositi, dai progetti, dalle beatitudini, dal mondo di amare, di vivere e di morire di Gesù.
Il destino dell'uomo si consuma e si perde nell'assimilazione a Gesù, alla sua vita, alla sua morte; se l'uomo non si nutre dell'Eucaristia e non porta il frutto dell'Eucaristia, che è essere come Gesù (con il suo spirito di Figlio, con il suo modo di donare la vita, con la sua povertà, con il distacco, con la sua libertà di cuore), non avrà mai in sè la vita. (C.M. Martini, Briciole dalla tavola della Parola, p. 89)

Il disegno di Dio

Osiamo dire "Padre" su tutto quello che succede in noi e attorno a noi perchè la sua parola cambia il senso e il segno di tutto, nella storia di ogni singolo uomo e donna e di tutta l'umanità. Mentre piangiamo la perdita dell'amico morto in giovane età ci rallegriamo che ci abbia preceduto nella pienezza della vita.
Ogni sofferente nel corpo e nello spirito suscita in noi sentimenti profondi di partecipazione della passione e al tempo stesso ci appare come partecipe della passione e della morte gloriosa con cui Gesù ha vinto in modo definitivo la morte.
Le catastrofi naturali in cui tante persone perdono i beni più essenziali e la stessa vita non sono segni di distrazione del Creatore e Signore dell'universo, ma misteriose accelerazioni nel compiersi del disegno di Dio. (P. Parisi, La cattedra dei piccoli e dei poveri, pp. 17-18)

La pienezza della fede

Non prestar fede a chi ti dice che l'orazione basta a tutto, nè a chi pretende che non è necessaria. Non creare opposizione fra l'orazione e qualunque altra espressione della vita di fede: il Regno di Dio non è mai diviso! 
La tua ambizione sia questa: nulla ti sia estraneo di quello che forma la pienezza della fede. L'unica fede ha in sè tante ricchezze che non può rivelarle se non attraverso atti e tempi diversi; ma sta a te di voler conoscere tutte queste ricchezze, partecipare a tutte queste azioni, vivere tutti questi momenti. 
Tutto ciò non è presuntuosa ambizione, ma giusta valorizzazione dei doni di Dio e saggezza spirituale. Il credente cioè non può ammettere le alternative, le divisioni, le opposizioni che possono venire proposte. 
(A.M. Besnard, La preghiera come rischio, p.13)

Dio ci cerca per prima


L'uomo credente sa che la rivelazione di Dio precede e fonda la conoscenza che egli può avere di Lui. Così avviene che, non appena l'uomo si mette seriamente in ricerca di dio, scopre che Dio lo aveva già cercato prima, che nel suo amore libero e sempre preveniente già gli si era fatto incontro, chiamandolo all'alleanza con lui.
E' Dio che suscita, come risposta alla sua iniziativa, la ricerca e il desiderio dell'uomo; noi siamo semplicemente chiamati a rispondergli, ad accogliere la sua venuta nelle nostre vite per entrare in dialogo con lui, senza nasconderci. 
E, meraviglia: in questo cammino non siamo soli; prima di essere il "mio Dio" egli è stato il Dio di altri. 
(E. Bianchi, Dio, dove sei?, pp. 9-10)

Rinunciare a tutto per Dio


La prova di Abramo, non voluta da Dio, ma fornitagli dalla storia, perchè è la povera vita umana che può condurre in situazioni di prova, è quella in cui ogni uomo può imbattersi: prima o poi il credente sperimenta che occorre rinunciare a ciò che ha di più caro e su cui ha fondato la propria vita, per offrirlo puntualmente a Dio.
In caso contrario egli entra in una logica idolatrica, in base alla quale ripone la speranza non in Dio, ma nel suo dono, che finisce per diventare un inciampo. Sì, il credente impara con fatica a rinunciare liberamente ad ogni persona, ad ogni relazione, ad ogni cosa, perché nulla gli appartiene: Dio dona tutto, ma tutto a lui appartiene. (E. Binachi, Dio, dove sei?, p.52)

Cristiani credenti

Cristiani credenti, accogliamo nella Chiesa la parola di Dio. Diciamo a noi stessi che questa parola è vera, la comunichiamo ad altri come vera, la difendiamo nel confronto con chi dice che non è vera, che non è parola di Dio. 
Oltre l'adesione intellettuale cerchiamo di capire e di gustare quello che la Parola ci rivela. E questo è un problema non solo di intelligenza: occorre aprire il cuore e fermarsi a considerare la grandezza e la bellezza di quel che Dio ci rivela.
Occorre far silenzio perché rimanendo nella corrente dei discorsi che facciamo e che ascoltiamo non è possibile cogliere la portata di quel che Dio rivolge a noi. Ci vuole il silenzio interiore per meravigliarsi che Dio sia Padre e ci abbia donato il suo Figlio. (P. Parisi, La cattedra dei piccoli e dei poveri, p.17)

La torta dell'amore

INGREDIENTI

4 uova... il cammino fidanzati
300gr di zucchero... il padre spirituale
170 gr di burro... impariamo a pensare insieme
250 gr di farina bianca e di fecola di patate... impariamo a scoprire ed accogliere i limiti dell'altro
Latte... la preghiera
Nutella... affettività e apertura alla vita
1 bustina di lievito... l'Amore di Dio

  1. Prendere una terrina: innanzitutto abbiamo scelto il contenitore del nostro matrimonio; la scelta di sposarci nella Chiesa.
  2. Mettere 4 uova intere: abbiamo intrapreso il cammino del corso fidanzati  in preparazione al matrimonio nel quale abbiamo imparato il significato della promessa che pronunciamo oggi. Ci promettiamo di metterci sempre uno di fronte all'altro per affrontare la nostra vita insieme (PRO-METTERE: mettere davanti). Ci promettiamo di essere fedeli cioè di essere per l'altro la strada sicura su cui poter camminare, un sostegno certo. Ci promettiamo queste cose per sempre, ogni giorno, ogni mattina e in ogni momento della nostra vita.
  3. Aggiungere lo zucchero alle uova e mescolare fino ad ottenere un impasto omogeneo: abbiamo scelto un padre spirituale di coppia che ci guidasse in questo cammino. Lo zucchero dà sapore anche se i granelli tra i denti risultano fastidiosi. Il padre spirituale, pur essendo a volte un pò fastidioso perchè porta alla luce i limiti personali e di coppia per poterli affrontare e superare insieme, dà anche sapore perchè sprona sempre a camminare e rappresenta una presenza certa di sostegno nella preghiera riportandoci sempre all'essenziale e a Dio.
  4. Quando l'impasto risulta omogeneo aggiungere il burro precedentemente fuso sui fornelli e lasciato intiepidire: stiamo imparando a fondere i nostri pensieri, le nostre opinioni, i nostri stili di vita differenti per formare un nuovo modo di pensare e di vivere che rappresenti le fondamenta su cui costruire la nostra famiglia. 
  5. In una ciotola mescolate la farina e la fecola; aggiungetela all'impasto mettendo circa 4 cucchiai alla volta: nel nostro percorso ci scontriamo continuamente con i nostri limiti e con le nostre insicurezze che ci fanno inciampare e rendono il cammino difficile. "Mescolare" a volte diventa faticoso e la tentazione, quando "l'impasto" si fa duro, è sempre quella di mollare.                                                                                    MA
  6. Quando l'impasto diventa faticoso da mescolare versate un pò di latte: la preghiera è la medicina perfetta che ci aiuta a rialzarci e continuare il nostro cammino insieme. Mettere Dio al primo posto e sceglierlo come guida ogni giorno significa per noi avere la certezza di non essere mai soli ed avere una roccia sicura che ci doni sostegno anche nei momenti più difficili che dovremo affrontare.
  7. Aggiungere 3 cucchiai di Nutella: abbiamo scelto di arrivare casti al matrimonio, l'affettività che ci lega è ricca di gesti, segni e doni che ci hanno fatto sempre sentire amati ogni giorno di più. L'espressione di amore più grande è rappresentata dalle fatiche che ognuno di noi ha affrontato per rendere felice l'altro: questa è stata per noi la manifestazione più bella dell'amore che proviamo l'uno per l'altro. Dopo aver vissuto un'esperienza al Piccolo Cottolengo di Tortona, sposandoci nella Chiesa oggi scegliamo un amore aperto alla vita e ci impegniamo di fronte a Dio ad accogliere, rispettare e difendere il dono della vita che viene da Lui.
  8. Mettere una bustina di lievito e infornare a 180° per un'ora circa: oggi ci affidiamo all'Amore di Dio che trasformerà il nostro amore dandogli nuova vita!
ATTENZIONE! Non aprite il forno durante la cottura: il dono della pazienza, saper aspettare i tempi di Dio perchè Egli possa terminare il suo progetto e dare nuova forma alle cose.

CONSIGLIAMO A TUTTI DI PROVARE QUESTA FANTASTICA TORTA...FA BENE AL CORPO E ALLO SPIRITO (di coppia!) - Flavio e Annalisa-