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venerdì, settembre 27

Voglio un posto ai piedi di Gesù

Il testamento di Shahbaz Bhatti: Ministro pachistano per le minoranze religiose ucciso il 2 marzo 2011 in odio alla fede

“Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia.
Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che m’indusse a offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.
Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: «No, io voglio servire Gesù da uomo comune».
Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire.
Credo che i cristiani del mondo che hanno teso la mano ai musulmani colpiti dalla tragedia del terremoto del 2005 abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d’amore, di comprensione, di cooperazione e di tolleranza tra le due religioni. Se tali sforzi continueranno sono convinto che riusciremo a vincere i cuori e le menti degli estremisti. Ciò produrrà un cambiamento in positivo: le genti non si odieranno, non uccideranno nel nome della religione, ma si ameranno le une le altre, porteranno armonia, coltiveranno la pace e la comprensione in questa regione. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri.
Voglio dirvi che trovo molta ispirazione nella Sacra Bibbia e nella vita di Gesù Cristo. Più leggo il Nuovo e il Vecchio Testamento, i versetti della Bibbia e la parola del Signore e più si rinsaldano la mia forza e la mia determinazione. Quando rifletto sul fatto che Gesù Cristo ha sacrificato tutto, che Dio ha mandato il Suo stesso Figlio per la nostra redenzione e la nostra salvezza, mi chiedo come possa io seguire il cammino del Calvario. Nostro Signore ha detto: «Vieni con me, prendi la tua croce e seguimi».  I passi che più amo della Bibbia recitano: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». Così, quando vedo gente povera e bisognosa, penso che sotto le loro sembianze sia Gesù a venirmi incontro. Per cui cerco sempre d’essere d’aiuto, insieme ai miei colleghi, di portare assistenza ai bisognosi, agli affamati, agli assetati. Credo che i bisognosi, i poveri, gli orfani qualunque sia la loro religione vadano considerati innanzitutto come esseri umani. Penso che quelle persone siano parte del mio corpo in Cristo, che siano la parte perseguitata e bisognosa del corpo di Cristo. Se noi portiamo a termine questa missione, allora ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù ed io potrò guardarLo senza provare vergogna”.


Don Orione e la Croce

La Quaresima è un forte invito a contemplare il Crocifisso Risorto, il quale è la speranza dei cristiani, speranza di cui hanno bisogno tutti gli uomini. La Chiesa esorta a non distogliere gli occhi da Lui perché la nostra vita respiri della Sua Presenza, Forza.
Il Crocefisso c'insegna ad adorare Gesù nei nostri cuori e dare al mondo ragione della Speranza che è in noi, perché "i nostri Vangeli sono racconti della Passione con una lunga introduzione, la vita pubblica" [Kahler].
Molte volte la croce, è vista con occhi di paura, di rifiuto perché ci ricorda il dolore, le prove, la sconfitta, la malattia, la morte; l'uomo continua ad esorcizzare la croce, l'addolcisce, toglie i segni della violenza perché la croce urta, è scomoda, ferisce.
Noi cristiani siamo chiamati a leggere la croce come una parola d'amore di Dio in Gesù, e vedere in essa l'estremo appello della Misericordia divina per convertirsi alla volontà del Padre. 
Davanti alla croce siamo davanti al difficile equilibrio tra la morte e la vita. Di fronte alla croce siamo di fronte alla vita e al suo significato più pieno.
Tutto però non cancella il dolore. Don Orione c'invita a conoscere la croce come unica nostra speranza, a portarla sul cuore e non sulla pelle o al collo, ma a prostrarci dinanzi ad essa in adorazione.
Per don Orione la devozione più grande è quella per Gesù crocifisso. Lui stesso nella sua stanzetta volle sempre e solo il crocifisso. Gesù è qualificato nella sua identità dalla croce: il racconto della passione è la parte determinante e decisiva, mentre il ministero pubblico è come un antefatto che lo prepara e trova in esso la sua spiegazione.
La croce non obbliga a rinnegare il piacere ma a sottometterlo alla volontà di dio, perché Dio non vuole togliere all'uomo il piacere, ma preservarlo dal dolore e dalla morte, perché dire "Gesù è il Signore", implica una scelta personale, porlo come ragione di vita.
La contraddizione più forte dell'uomo non è l'equilibrio tra la vita e la morte, ma tra il vivere "per il Signore" e il "vivere per se stessi", che è il nuovo nome della morte.
Molte volte le nostre preghiere e le nostre buone azioni sono per salvarci la pelle, facciamo fatica ad accettare di essere mortali. La croce non invita a sentire ma a cambiare la visione dell'uomo e di Dio, per diventare pienamente uomini come Gesù, per scegliere un Dio che rinunzia ad essere, assoluto potere, per mostrarsi come assoluto amore che cresce donandosi.
Ai piedi della croce c'è tutta l'umanità: amici, nemici, curiosi.  Molti uomini non capiscono che optare per il bene infinito o per il male infinito è un'opzione infinita; per questo Gesù chiede perdono per l'uomo, offre la sua compagnia, apre le porte della salvezza.


Il crocifisso è il Libro spalancato della Misericordia di Dio! Il crocifisso ci salva da un'idea di Dio onnipotente e magico, proiezione dei nostri desideri, della nostra immagine che vogliamo mostrare; dall'idea dell'uomo potente che distrugge tutto per affermarsi anche a scapito dell'altro.
Allora il nostro pentimento non è più un senso di colpa, ma scatta davanti all'evidenza del suo Amore.
Don Orione scriveva che il crocifisso è il vero centro d'unione, la nostra ancora, il nostro libro, la nostra scienza, il nostro tutto.
Dio non è più nascosto! Allora la nostra risposta tale amore sarà l'amore, la nostra carità sarà un dolcissimo e folle amore di Dio, degli uomini; è la logica del chicco che muore per dare frutti, solo così saremo persone ed una comunità che porta avanti la sua azione pastorale e scopre il progetto di Dio che ha riservato per ognuno di noi.
Il crocifisso è il grande libro sul quale si sono formati i santi, e sul quale noi pure dobbiamo formarci; tutti gl'insegnamenti contenuti nei Vangeli sono riassunti nel crocifisso.
Per conformarsi a Cristo, per conformare i nostri pensieri, sentimenti, la nostra persona abbiamo bisogno di un continuo e personale rapporto con il cuore di Cristo, perché Lui è la vera sorgente di fiducia e pace, l'unico terapeuta di ogni paura.
Gesù, il crocifisso è risorto! Questa è la speranza viva che la Chiesa offre e i credenti devono annunciare e portare una Grazia che non possiedono, ma sono i primi ad essere beneficiati. Il crocifisso è la speranza vera; in Gesù crocifisso contempliamo, impariamo, ascoltiamo la logica di Dio che ama fino a morire per ogni uomo gratis.