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lunedì, agosto 26

L’incontro dei bambini con la disabilità

“Spesso è così”, di Francesco Ormando, foto vincitrice del secondo premio alla prima edizione di “Sapete come mi trattano?”, concorso promosso dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)
«L’incontro tra bambini e disabilità – scrive Lelio Bizzarri – è certamente molto delicato, ma è bene tenere presente che le difficoltà sono maggiori tanto più è minore la serenità che gli adulti hanno verso la disabilità». E anche le stesse persone con disabilità hanno la responsabilità di comunicare serenità e tranquillità rispetto alla propria condizione
Le reazioni dei bambini all’incontro con persone con disabilità è caratterizzato da curiosità, un po’ di sconcerto e… un grande imbarazzo da parte degli adulti.
Non di rado, infatti, càpita che i piccoli additino la persona disabile richiamando l’attenzione del genitore per chiedere spiegazioni o condividere qualcosa che per loro è al di fuori dell’ordinario. E quindi, a meno che non si pretenda che i bambini limitino da soli la loro spontanea propensione a manifestare le proprie emozioni (siano esse di paura, sconcerto o divertimento), è di fondamentale importanza il comportamento degli adulti (e quando dico adulti penso sia ai genitori non disabili, sia alle persone disabili oggetto dell’interesse del bambino). È necessario cioè saper accogliere queste manifestazioni senza censurarle e aiutare il bambino a elaborare le emozioni che le hanno determinate, dando le spiegazioni che sono richieste, anche quando esse necessitano l’affrontare aspetti brutti della vita quali le malattie.
È molto importante, inoltre, non solo fornire delle spiegazioni in merito alle cause, ma evidenziare al bambino che nonostante le sue difficoltà la persona con disabilità ha risorse per vivere come tutte le altre: con difficoltà e sofferenza sì, ma anche con tante soddisfazioni e gioie.
È evidente, per altro, che questo messaggio dev’essere veicolato sia dalle parole e da spiegazioni pazienti, sia da una mimica non verbale che comunichi positività e non tristezza, imbarazzo o disagio. Ciò include anche le spiegazioni (rassicurazioni) in merito al corpo della persona con disabilità e ai suoi ausili. È necessario, insomma, trovare un equilibrio grazie al quale il corpo della persona con disabilità e i suoi ausili non vengano considerati né un tabù, né oggetti di curiosità morbosa ed è necessario che il genitore trovi questo equilibrio affinché sia in grado di trasmetterlo ai figli.
La persona con disabilità che non si muove da sola e che ha bisogno dell’aiuto di altre persone può facilmente essere vista dal bambino come un “oggetto da manipolare” ed è per questo che sta al genitore (o ad altro adulto di riferimento, come ad esempio un insegnante o un educatore) accompagnare il bambino nell’approcciarsi alla persona con disabilità con rispetto, senza paura sì, ma anche senza atteggiamenti invadenti, derisori o manipolatori.
È ovvio che in tutto questo processo molto complesso, la persona con disabilità non è un oggetto passivo che attende le reazioni del bambino e l’intervento contenitivo del genitore. È fondamentale, infatti, che egli ricerchi con lo sguardo, la mimica e la comunicazione un’alleanza con l’adulto di riferimento del bambino nel momento dell’incontro. Ciò agevolerà la relazione tra bambino e persone con disabilità, senza paura né vergogna. Infatti, l’instaurarsi di una relazione, seppur di breve durata, è il modo più efficace per far comprendere al bambino (e direi anche al genitore) che la persona con disabilità, per quanto diversa, è in grado di interagire, che non ha nulla di brutto da nascondere e che la sua condizione è solo una delle tante possibili, una delle tante che il bambino, crescendo, incontrerà nella sua vita.
Purtroppo non sempre (anzi di rado) le cose si svolgono in questo modo ideale. Il più della volte, infatti, i genitori non danno alcuna spiegazione al bambino, limitandosi a intimargli di non indicare, non chiedere, non parlare, non guardare… con un disagio evidente che – seppur non intenzionalmente – fa sì che al bambino venga comunicato: «Quella che stai vedendo è una cosa così brutta, triste e spaventosa, che non se ne può parlare senza rimanere sconvolti o ferire qualcuno».
Altre volte, invece, càpita che i genitori, nell’incontrare una persona disabile, istintivamente, senza quasi rendersene conto, afferrino la mano del figlio o lo accarezzino o gli mettano una mano sulla testa, come a proteggerlo o consolarlo per quello che sta vedendo. Qui il messaggio che viene inviato a livello non verbale è: «Anche se quello che stai vedendo ti turba, non ti preoccupare, c’è qui papà/mamma». Solo che questo messaggio viene inviato prima che il bambino manifesti alcun segno di disagio: in questo caso il genitore, più che reagire protettivamente al disagio del bambino, lo sta in qualche modo inducendo.
Tutto questo detto senza alcun intento polemico o di giudizio, ma solo per incrementare il livello di consapevolezza rispetto a come alcuni stereotipi possano essere riprodotti e diffusi attraverso gesti inconsapevoli e non intenzionali.
D’altra parte possiamo affermare che l’incontro tra bambini e disabilità è molto delicato, ma è bene tenere presente che le difficoltà sono maggiori tanto più è minore la serenità che gli adulti hanno verso la disabilità e che i bambini, il più delle volte, superato lo stupore e l’ilarità iniziali, tendono a comportarsi in maniera del tutto naturale… a volte nonostante il comportamento impacciato degli adulti.
Per quanto riguarda infine le persone con disabilità, queste ultime hanno una duplice responsabilità nel comunicare serenità e tranquillità rispetto alla propria condizione: verso loro stessi e verso i bambini disabili che a loro volta incontreranno i loro coetanei normodotati. Infatti, tanto più saremo in grado di crescere bambini che non hanno paura della disabilità, tanto più i bambini portatori di handicap si sentiranno incoraggiati a socializzare e motivati a impegnarsi per crescere avendo piena partecipazione alla vita sociale: nello studio, nel lavoro (quando saranno grandi) e nel tempo libero.

Lelio Bizzarri: Psicologo, formatore per operatori del sociale, coordinatore per il Lazio della SIPAP (Società Italiana Psicologi Area Professionale Privata) e persona con disabilità motoria.  20 agosto 2013 


domenica, agosto 25

Questo è il mio Corpo

In contemplazione del medesimo Signore presente nell'Ostia e nel povero...

Nella povertà delle apparenze
Un semplice pezzo di pane: "Nella notte in cui fu tradito Egli prese il pane..."  (1Cor 11,24)
I Poveri non sono appariscenti, non sono belli, come il servo di Dio: "Non ha apparenza nè bellezza" (Is 53)

La presenza di Cristo in mezzo a noi
"Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi" (dalla Liturgia)
"Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli l'avete fatto a me" (Mt 25)

Immagine di Dio fatta persona
"Egli è l'immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura..." (Col 1,15)
Nel più misero degli uomini brilla l'immagine di Dio. (San Luigi Orione)

I veri tesori della Chiesa
"Il sacrificio eucaristico, fonte e apice di tutta la vita cristiana" (LG 11) 
Portami, Vergine benedetta ad accogliere gli orfanelli e i poveri...i tesori della Chiesa. (San Luigi Orione)

Fonte del nostro perdono
"Questo è il mio sangue, versato per voi e per tutti (molti)in remissione dei peccati..." (dalla Liturgia)
"La carità copre una moltitudine di peccati" (1Pt 4,8), il Signore perdona tante cose per un'opera di misericordia. (San Luigi Orione)

La nostra salvezza o la nostra condanna
"Chi mangia questo pane vivrà in eterno" (Gv 6). "Chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1Cor 11,29)
"Venite, benedetti del Padre mio...l'avete fatto a me! Lontano da me, maledetti...avevo fame...avevo sete...ero malato e non mi avete assistito" (Mt 25) 

(don Vincenzo Alesiani)



Piccolo codice della carità

La carità romana di Il padovanino

La carità è pazientea (1Cor 13,4)
  • Attendere è donare: saper attendere il fratello con amore è donare.
  • La pazienza è amore perchè è attesa e rispetto.
  • La pazienza è fede nell'aiuto di Dio.
  • La pazienza è credere che ogni fratello ha i suoi tempi di maturazione. 
  • La pazienza è credere che ogni sorella e ogni fratello sono un dono.
  • La fraternità è luogo di pazienza.
La carità è benigna (1Cor 13,4)
  •  Basta escludere un fratello ed è bloccata la carità.
  • La carità o si vive con tutti o non è carità.
  • E' l'amore la chiave che apre i cuori.
  • Dio riempie la nostra vita; ma l'affetto reciproco è importante per difendere il primato di Dio nella nostra vita.
 La carità non è invidiosa (1Cor 13,4)
  •  Se aiuto il fratello a realizzarsi, realizzo anche me stesso.
  • Dobbiamo vivere la diversità tra di noi come un arricchimento.
  • Le nostre diversità, quando sono accettate, non ci impoveriscono mai, ma ci completano.
  • Imparare aa perdere è il passaggio obbligato della vita di carità.
 La carità non si vanta, non si gonfia (1Cor 13,4)
  • La carità, fatta in silenzio, è garanzia di autenticità. La carità sbandierata è falsa carità.
  • "Signore, cambia me": è la formula che frantuma le montagne.
  • "Signore, cambia me": è la formula che apre tutte le porte.
 La carità non manca di rispetto (1Cor 13,5)
  •  L'attenzione al singolo è il segno distintivo della carità perfetto.
  • L'ascolto profondo è un segno di amore.
  • Accettare che l'ascolto non produca sempre frutti immediati.
 La carità non cerca il suo interesse (1Cor 13,5)
  •  L'amore per essere vero deve essere gratuito. L'amore interessato è sempre egoismo di bassa lega.
  • Se la vita spirituale non è profonda, la carità superficiale.
  • Una persona comincia a sentirsi persona quando si sente amata.
  • La pretesa di riconoscenza squalifica la carità. 

    La Carità di Antonio Canova
La carità non si adira (1Cor 13,5)
  • Gli ostacoli alla carità esistono perchè Dio ci ha fatti diversi.
  • La violenza comincia sempre dai pensieri.
  • E' la confessione ai fratelli la medicina più efficace contro le nostre violenze.
 La carità non tiene conto del male ricevuto (1Cor 13,5)
  • La fraternità è il luogo del perdono.
  • La fraternità ha sempre il suo "povero di turno"  da amare.
  • La sensibilità ferita non deve essere confusa con la cattiva volontà.
  • Occorre imparare a perdonare e imparare a perdonarci.
La carità si compiace della verità (1Cor 13,7)
  • Una medicina per le nostre debolezze è confessare le difficoltà.
  • L'amore sta nei fatti e i fatti cominciano dai pensieri e dal cuore.
  • Senza sincerità non c'è vera amicizia.
La carità tutto copre (1Cor 13,7)
La Carità, La Giustizia, La Prudenza di Elisabetta Sirani
  • La carità non svela il male, soffre a parlarne.
  • La carità pensa bene, trova sempre motivo per non giudicare.
  • La lingua pecca, quando il pensiero non è controllato.
  • Deviare un discorso contrario alla carità è carità con chi sparla...
La carità tutto crede (1Cor 13,7)
  • Crede che anche i limiti del fratello sono un progetto di Dio.
  • La carità crde nel fratello e nel lavoro dello Spirito in lui.
  • La carità crede che l'amore è tutto.
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La carità tutto spera (1Cor 13,7)
  • La carità è dare e ricevere, è saper dare e saper ricevere.
  • la carità è dare la possibilità all'altro di donare e di donarsi.
  • L'arte d'incoraggiare è più potente dell'arte di correggere.
  • "Se vuoi correggere cammina prima sette giorni nelle scarpe del fratello"  (proverbio africano)
  •  
La carità tutto sopporta (1Cor 13,7)
  • La carità richiede anzitutto che io sopporti me stesso.
  • La vita comunitaria esige l'accettazione degli altri.
  • La carità sopporta anche il silenzio di Dio.
  • I limiti del fartello segnano sempre l'inizio delle mie responsabilità.
  • La carità vera paga sempre di persona.              (don Vincenzo Alesiani)
    Carità di Francesco Salviati