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GRATUITAMENTE AVETE RICEVUTO, GRATUITAMENTE DATE, (Mt 10,8b). Noi abbiamo solo il presente da vivere e in questo tempo ci giochiamo la nostra vita, la nostra eternità, il nostro destino (E. Olivero)

giovedì, marzo 8

LC 18,9-14

Siamo chiamati a metterci a nudo, ed invece la nostra vita rischia di diventare una continua corsa:
per trovare il nostro gusto di apparire, anche spiritualmente;
per scoprire il super valore alla  ricchezza che diamo, ma che non ha mai un valore soprannaturale, perché la ricchezza avrà un significato divino solo se diventa solidarietà;
per scoprire le nostre corse alle mode che non rispettano la nostra dignità, la quale è frutto della castità;
per scoprire la nostra corsa al “lo sai chi sono io?!”.
È una continua corsa alla superbia, ad essere uomini vodafone, tutto attorno a me, al centro di tutto ci sono IO!
Solo un ritorno alla semplicità, ci farà vedere Dio, ci farà vedere l’altro in faccia e amarlo così com’è. Essere semplici vuol dire vivere nell’impegno costante di essere come Dio mi vuole. Ed invece viviamo il fichismo, cioè la religione delle opere, siamo come quelle persone che prima di offendono e poi per chiedere scusa fanno le cose che ti piacciono. Siamo come quelle persone che puntano il dito ma non si accorgono che, mentre ne puntano uno verso l’altro, ne puntano tre contro se stessi.
Ai piedi di Gesù vogliamo fare verità su noi stessi, chiamare per nome tutto ciò che c’impedisce di camminare verso Dio, perché Lui è sempre pronto ad accoglierci, ci aspetta perché grazie a Gesù ci siamo riconciliati con nostro Padre Celeste. Siamo chiamati alla presenza di Dio perché siamo chiamati alla comunione con Dio. L’uomo, ognuno di noi, è chiamato ad avere una relazione continua con Dio, perché il cuore dell’uomo è vasto, può amare, benedire, immaginare, sognare, non ha confine, come quello di Dio. Solo così porteremo amore, felicità nel prossimo, nel mondo.

2PT 3,8-10

San Pietro ci propone il tema del tempo. Il tempo è un grande mistero. Tutti lo misuriamo con l’orologio, tutti vivono incastrando programmi, incontri in funzione del tempo che non basta mai. Ma gli orologi si limitano a misurarlo. Cos’è dunque il tempo? Va oltre all’uomo, è il tempo che misura l’uomo e non viceversa, ma allora se è così l’uomo è in trappola?
Per noi cristiani il tempo ha un inizio ed una fine. Ciò che accade nel tempo ha un significato eterno, per noi è Dio che da al tempo un inizio ed una fine, perché Dio è Amore e non può esserci opposizione tra infinito e finito, tra Dio e uomo.
Dio ha creato il tempo perché l’uomo potesse tornare a Lui; il tempo è luogo d’incontro tra Dio e l’uomo, luogo di libertà quando l’uomo con il suo saper amare risponde a Dio Amore. Senza questo incontro le motivazioni del nostro fare, del nostro vivere sarebbero banali e limitanti. Abbiamo bisogno di dare un significato ultimo alla nostra vita, una ragione forte al nostro vivere, alla nostra ricerca di felicità, cioè la continua ricerca a dare una risposta al perché o per chi vivo?
Solo così vivrò una vita piena. Dio ha fatto di tutto per liberarci dall’egoismo, ci ha dato Gesù, ma la nostra risposta dipende solo da noi stessi; solo col nostro sì a Dio la nostra libertà è realizzata, la nostra vita non sarà più una preparazione per incontrare Cristo, ma una vita ricolma di pienezza di Cristo, e da questa sovrabbondanza dell’Amore Incarnato nasce la missione cristiana, cioè identificarsi con Cristo, il mio cuore prende la forma di Dio, diventando Chiesa.

MC 8, 11-13

Avviene un profondo solco tra Gesù e i giudei. i miracoli sono dei segni, in cui avviene la liberazione dell’uomo dalla malattia e dalla morte, dai tormenti. Anche il mondo tanti segni, ma purtroppo spesso sono negativi, per noi i segni sono una manifestazione gloriosa, i miracoli avvengono per meravigliare, così tutti poi obbediscono a un Dio glorioso, più che Padre sembra un dittatore celeste, un Dio glorioso. Gesù dice che il suo potere non sarà manifestato attraverso esibizioni sconvolgenti; la ricerca dello straordinario è una grande tentazione di tutti i tempi, anche la Chiesa, quando vive la decadenza della fede, si preoccupa di cercare e offrire segni meravigliosi che mettono a tacere gli avversari, perché non ha testimoni reali.
I giudei, dopo la moltiplicazioni dei pani per i pagani, si insospettiscono e chiedono a Gesù di legittimare la sua autorità di profeta escatologico, con un segno dal cielo, perché togliesse ogni equivoco, perché avevano attribuito i suoi miracoli all’opera di satana. Ma se leggiamo bene il Vangelo scopriamo che la loro intenzione era veramente diabolica.
Anche noi cadiamo nella tentazione dei giudei:
·         Perché Dio non interviene?
·         Perché Dio non ci cambia e ci rende più buoni?
Ma Egli non compie nessun miracolo su ordinazione o per dare spettacolo di grandezza, ma esige l’ascolto della Parola, per lasciarci veramente liberi; non impone nulla ne con la forza, ne con i ricatti perché Dio si capisce solo nella fede, nell’amore.
Ciò che conta nella vita è arrivare a Dio. Come ogni cammino, ci sono dei rischi, esige una preghiera quotidiana che chiamiamo perseveranza. La tentazione è di pregare solo quando si ha la fede, si saprà concentrarsi, ma se aspettiamo di essere così non arriveremo mai a Dio; l’uomo deve pregare con la fede che ha, con l’idea di Dio che ha che spesso è diversa dalla realtà di Dio, che ha volte è ingombrante perché solo così l’uomo darà Gesù, cioè la felicità; solo così l’uomo riuscirà a riconoscere l’unico vero segno che dal cielo ci è stato dato: Gesù Crocifisso e Risorto.


Madre degli infermi


Rimani, Maria, accanto a tutti gli ammalati del mondo,
di coloro che hanno perso conoscenza e stanno per morire;
di coloro che stanno iniziando una lunga agonia,
di coloro che hanno perso ogni speranza di guarigione;
di coloro che gridano e piangono per la sofferenza;
di coloro che non possono curarsi perché poveri;
di quelli che vorrebbero camminare e devono restare immobili;
di quelli che vorrebbero riposare e la miseria costringe a lavorare,
di quelli che cercano una sistemazione e non la trovano;
di quelli tormentati dal pensiero della famiglia in miseria;
di quanti devono rinunciare ai loro progetti più cari per il futuro;
di quanti soprattutto non credono in una vita migliore;
di quanti si ribellano e bestemmiano Dio;
di quanti non sanno che il Cristo ha sofferto come loro. (trovata nella chiesa di La Roche-Pozay)

Vita Consacrata

Il consacrato cosa fa con la sua vita?
Chi è consacrato deve indicare la via verso una meta, che va oltre il tempo, anche se lo valorizza pienamente ed apre ad orizzonti di speranza perfetta e definitiva. È la via della santità di chi segue Cristo giorno per giorno e ne incarna la tensione verso il Padre, che costituisce il suo più grande desiderio, per vivere la piena comunione con Dio.
Sii più chiaro!
La vita consacrata è cammino di glorificazione, perché la vocazione dei consacrati è per il Regno dei cieli e deve mostrare che tutto è orientato a questa meta escatologica. La povertà, la castità e l’obbedienza che vivono come condizione di vita, già anticipano, in qualche misura, la pienezza della comunione con Dio.
Cos’è più importante?
È mantenere fermo lo sguardo verso Cristo, puntando sempre più in alto, senza mai scoraggiarsi, ma tenendo il cuore e lo sguardo fisso verso di Lui: Cristo è infatti la meta della nostra speranza che siamo chiamati a vivere e a testimoniare ogni giorno nella fedeltà e nell’obbedienza.
Per far questo cosa serve?
Questo esige il graduale ma costante depotenziamento del nostro io e dunque del tesoro più prezioso a cui nessuno vuole del tutto rinunciare per sottometterci alla volontà dell’unico Signore.
Concretamente?
Un NO alla presunzione di farcela da soli e un SI alla conversione continua: un amore caldo, non tiepido, come spesso potrebbe essere il nostro, quando ci accontentiamo di quello che siamo o presumiamo di aver già fatto abbastanza per vivere la fede e la carità. La tiepidezza nell’amore è il peccato che più aborrisce il Signore.
Per un consacrato come è possibile mettere in pratica tutto questo?
Ogni persona consacrata sa bene che l’imitazione di Cristo è possibile grazie ad una serie di principi e orientamenti di vita quotidiana, che ne assumono gli atteggiamenti e i comportamenti con spirito di obbedienza e umiltà. La regula vitae (regola di vita) va attuata giorno per giorno attraverso quelle disposizioni che ogni istituto ha tracciato e che la Chiesa ha approvato. Essa è la via santa che assicura la vita eterna.
(stralci dell’omelia di mons. Cesare Nosiglia, Torino, Cattedrale, 2 febbraio 2012)

Quanto vale la vita?

Powell disse che la vita vale se concepita come dono, come servizio, come amore. Quindi ognuno di noi con i propri pregi e difetti è chiamato a coltivare le proprie buone qualità perché possono portare benessere a noi stessi e al prossimo. Davanti alla vita siamo tutti uguali, non importa quanto siamo capaci o quanto ci realizziamo, ma ci sarà chiesto di mettere in gioco tutte le nostre potenzialità perché solo così troveremo un senso alla vita e vivremo una vita piena.

Gesù è Dio


Io ritengo che Gesù venga da Dio perché le cose che dice sono davvero di origine divina, cioè davvero il meglio, il più divino che ho trovato nella mia storia. […] Io credo nella divinità di Gesù cristo soprattutto per ciò che lui mi ha detto; anzi, posso persino ammettere che egli sia resuscitato sulla base del fatto che tutte le altre cose che mi dice sono così attraenti che non posso non credergli. Insomma, è come se, avendolo visto, mi sia innamorato di lui e sia quindi divenuto capace di dargli ascolto. Del resto è proprio san Paolo ad affermare che la fede è sempre fides ex auditu. Non è quindi inverosimile pensare alla propria fede come all’essere presi da un messaggio affascinante, per dirla con un aggettivo certamente inadeguato, insomma capace di prenderti.
 (Gianni Vattimo, in Settimana, 5 febbario 2012, n°5, pag. 16)


Abbandono in Dio


Quel che mi accadrà oggi,
mio Dio, non lo so.
Tutto quello che so
è che nulla mi accadrà
che tu non abbia preveduto
e disposto per il mio maggior bene
da tutta l'eternità.
Questo solo mi basta.
Ti domando
in nome di Gesù Cristo
e per i suoi innumerevoli meriti
la pazienza nelle tribolazioni
e la perfetta accettazione
perché tutto quello che tu vuoi
o permetti che accada
sia per la tua gloria
e per la mia santificazione.
Amen.


Giacomo Alberione, ssp

La gioia intima di scoprirsi amati


Chissà quante idee e immagini ti frullano in testa quando senti questa parola un po' misteriosa: vocazione. A me fa subito venire in mente una cosa semplice e straordinaria: un rapporto di amore intimo e concreto che si intesse tra Dio e me, un colloquio che si va svolgendo tra lui e me giorno per giorno, con accenti sempre nuovi. Ogni uomo, ogni donna è chiamato a questo incontro con l'Amore: siamo fatti costitutivamente per amare, per incontrarci con la sorgente stessa dell'Amore. Siamo fatti per vivere in rapporto di comunione con Dio. La realtà più bella e profonda della nostra umanità è la capacità di stare davanti a Dio a tu per tu: è nostro Padre e noi siamo figli e figlie suoi.
L'iniziativa di questo rapporto è certamente di Dio stesso che, liberamente e mosso solo dall'amore, da sempre si prende cura di noi e ci chiama alla comunione con sé.
Il senso profondo della vocazione, prima di ogni altra ulteriore esplicitazione, è racchiuso in questo fecondo dialogo d'amore: è questo stesso dialogo d'amore.
In questo dialogo l'iniziativa è di chi ama di più, ed è l'Amore stesso che si protende verso di noi. "In questo sta l'amore –ci ricorda l'apostolo Giovanni-: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi" (1Gv 4,10). È lui che per primo, come lo sposo del Cantico dei Cantici, ci viene incontro e ci chiama: "Alzati amica mia, mia bella, e vieni" (Ct 2,10). L'iniziativa è sempre sua. È suo il primato d'amore. "Come possiamo amare, se prima non siamo stati amati?" si domandava s. Agostino. Se "noi amiamo", ci ricorda ancora l'apostolo Giovanni, è "perché egli ci ha amato per primo" (1Gv 4,19).
Incontrarsi con Dio è incontrarsi con l'Amore  ed essere avvolti dall'amore. È la scoperta gioiosa di avere un Padre che ci ama al punto "da dare il suo Figlio, l'Unigenito" (Gv 3,16). La scoperta che il Figlio, fattosi uomo per amore, ci ama fino a dare "la sua vita per noi" (1Gv 3,16). La scoperta che lo Spirito si riversa in noi come amore (cf. Rm 5,5): Dio è Amore! E perché amore… ci ama, personalmente, uno per uno. S. Paolo comunicava con gioia ai suoi cristiani della Galizia la scoperta che aveva rivoluzionato interamente la sua vita dandole finalmente un senso vero: il Figlio di Dio "mi ha amato e ha dato se stesso per me" (2,20).
Amore chiama amore. La rivelazione di Dio Amore non lascia inerte o indifferente nessuno. Essa coinvolge la persona in tutta la sua interezza. Fa appello al cuore, alla mente, alla volontà.
Quando Giovanni nella sua prima lettera scriveva: "noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore" (4,16), esprimeva la sua adesione totale e incondizionata al dono ricevuto. Il dialogo che si instaura tra Dio e l'uomo è intrinsecamente coinvolgente. "Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre", gridava Geremia (20,7) incapace di resistere alla forza travolgente dell'amore di Dio.
Allo svelamento che Dio fa di sé è così legata intrinsecamente una chiamata. Rivelazione di Dio e chiamata si richiamano a vicenda.
In lui si scopre la pienezza della luce, della vita, della bellezza, l'appagamento di ogni anelito più profondo. È un ritrovarsi pienamente in lui. 

La vocazione è prima di tutto questa gratuità dell'amore: scoprire di essere amati e sentirsi chiamati a rispondere all'amore con l'amore