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sabato, luglio 7

Fede


Un credente è un non credente che si sforza ogni giorno di credere
Credere è un po’ combattere. Bisogna decidere ogni giorno di essere cristiani, non lo si è mai una volta per tutte. La religiosità come luogo della serenità e della pace definitiva e la fede come uno stato certo, stabile e indiscutibile, sono equivoci da sfatare. 
Un sacerdote mi disse un giorno che bisogna decidere ogni giorno di essere cristiani, non lo si è mai una volta per tutte. La fede deve essere incarnata ogni giorno nelle persone, nei fatti, nelle parole della nostra vita quotidiana e seppure la grazia di Dio ci aiuti a farlo, il nostro impegno non è mai scontato, automatico, ma richiede una decisione, richiede fatica, appunto "sforzo".
Erri De Luca: "Credente non è chi ha creduto una volta per tutte, ma chi, in obbedienza al participio presente del verbo, rinnova il suo credo continuamente". "Emblematico - spiega il cardinale - è appunto il participio presente che incarna una continuità e non un atto singolo".
Lo scrittore-filosofo spagnolo Miguel de Unamuno y Jugo : "Coloro che ritengono di credere in Dio, ma senza la passione nei loro cuori, l'angustia nel pensiero, senza incertezze, senza dubbi, senza un elemento di disperazione anche nella loro consolazione, credono solo nell'Idea di Dio, non in Dio stesso". Il "dubbio" è il territorio dove si possono incontrare credenti e non-credenti. E ciò rafforza la mia convinzione che questo pericoloso territorio di confine sia l'unico veramente possibile, oltre che il più fecondo spiritualmente.
         "In questo momento storico così caotico, invece, le persone - commenta Alessandro Berti - si avvicinano erroneamente alla spiritualità cercandovi soprattutto pace".
          Dunque avvicinarsi alla spiritualità, non significa trovare la pace ma iniziare la lotta. Atanasio di Alessandria scriveva infatti: "Nessuno che non abbia sperimentato le tentazioni potrà entrare nel regno dei cieli. Togli le tentazioni e nessuno sarà salvato". Solo chi passa attraverso le tentazioni, chi combatte, può vincere il male e, anche quando non riesce a vincerlo completamente, fa comunque esperienza della misericordia di Dio.
          Insomma, quello della religiosità come luogo della serenità e della pace definitiva, come della fede come uno stato certo, stabile e indiscutibile, sono equivoci da sfatare. Non esistono persone più sofferenti, combattute e di conseguenza lottatrici e combattenti dei sacerdoti, delle religiose e dei religiosi. Solo nel combattimento si trova Dio. La fede è un processo dinamico, dialettico, fatto di morte e resurrezione. Ma il seme che non muore non dà frutto.
 

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